LA RISURREZIONE DI GESÙ
14 aprile 2024, III DI PASQUA B
(At 3,13-15.17-19; Sl 4; 1Gv 2,1-5a; Lc 24,35-48)
Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? (Lc 24,38)
La risurrezione di Gesù non è una storia a lieto fine.
Il sepolcro aperto non spegne le domande, le moltiplica e confonde gli stati d’animo e inquieta il cuore più di una rassicurante tomba chiusa.
Nell’ultimo capitolo del suo primo libro Luca, il pittore evangelico, dipinge tre scene nelle quali si alternano personaggi diversi ai quali viene posta una domanda che genera stupore e smarrimento, paura e gioia, incredulità e desiderio di credere, come se quello che vedevano fosse troppo bello per essere vero.
Gesù aveva annunciato la sua risurrezione ai discepoli, ma incontrare il Signore risorto in carne e ossa, vederlo spezzare il pane (Lc 24,30) o mangiare del pesce arrostito gettò all’aria tutte le loro certezze.
Ma andiamo con ordine.
Primo quadro (Lc 24,1-11).
Il primo giorno della settimana, al mattino presto, alcune donne si recarono al sepolcro. Portavano con sé gli aromi che avevano preparato, ma si trovarono di fronte a qualcosa cui non erano preparate: la pietra era stata rimossa dal sepolcro e il corpo del Signore Gesù non era dove doveva essere. Quando apparvero loro due uomini in abito sfolgorante furono talmente impaurite da non avere il coraggio di alzare gli occhi da terra.
Tre giorni prima, anche se da lontano avevano assistito alla morte di Gesù (Lc 23,49) e, più tardi, avevano visto il sepolcro dove Giuseppe di Arimatea aveva deposto il corpo del Signore (Lc 23,55).
Gli aromi che portavano alla tomba in quel primo giorno della settimana erano il segno che la morte aveva l’ultima parola.
Ma la domanda degli angeli – perché cercate tra i morti colui che è vivo? – le costrinse a credere nel paradosso e a rimettersi in cammino. Prima ancora di farsi vedere, il Signore risorto provocò in loro un movimento fisico e spirituale, una conversione.
Le donne abbandonarono gli aromi in quel luogo di morte e corsero dai discepoli che, ovviamente, liquidarono le loro parole come vaneggiamenti.
Anche per gli Undici ci sarà il tempo delle domande, dello stupore e dello smarrimento.
Secondo quadro (Lc 24,13-33)
Prima di incontrare Simon Pietro e gli altri apostoli, Gesù si avvicinò a due discepoli che erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus.
Sull’affare Gesù, a differenza delle donne, i due avevano messo una pietra sopra, senza immaginare che quella pietra era già stata rimossa (Lc 24,2).
Anche per loro la morte aveva l’ultima parola.
Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino? – chiese Gesù.
Come avevano fatto gli angeli con le donne – perché cercate tra i morti colui che è vivo? – così anche Gesù iniziò il dialogo partendo da una domanda.
È necessario raccontare il dolore che ci rende ciechi, prima di aprire i loro occhi per vedere i fatti da un’altra prospettiva, quella di Gesù.
Solo dopo avere fatto un pezzo di strada insieme con lo sconosciuto viandante, dopo aver raccontato ciò che stavano vivendo e ascoltato le sue parole, dopo averlo pregato di rimanere con loro, allo spezzare del pane, lo riconobbero.
Nell’andare se ne va e piange portando la semente da gettare, ma nel tornare viene con giubilo portando i suoi covoni, com’è scritto nel libro dei Salmi (Sl 126,6).
Come le donne, così i due di Emmaus, deposta la tristezza dell’andata, corsero con gioia verso Gerusalemme per annunciare ai discepoli quello che i discepoli sapevano già.
Terzo quadro.
Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone (Lc 24,34) – dissero gli Undici ai due discepoli di Emmaus, senza lasciare loro il tempo di raccontare la loro incredibile avventura.
Ma quando Gesù in persona, stette in mezzo a loro, sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma, come quando il Signore aveva camminato sulle acque del lago in tempesta (Mt 14,26; Mc 6,49).
E, come avevano fatto gli angeli con le donne e lo sconosciuto viandante con i due di Emmaus, anche a loro Gesù pose una domanda: Perché siete turbati e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?
Prima di incontrarlo erano felici della novità della risurrezione ma davanti al Signore in carne e ossa erano increduli e smarriti.
La fede che sconvolge le nostre attese, che suscita nuovi interrogativi, che provoca paure e apre spiragli alla speranza, è un incontro con il Risorto che entra dentro il quotidiano: la strada, la casa, il pane condiviso, il fuoco nel camino, il pesce arrostito, le sedie attorno a un tavolo, il sole che tramonta e che sorge.
La risurrezione di Gesù non è una storia a lieto fine che placa gli animi, ma una domanda che non smette di interpellarci e di rimetterci in cammino.
Chi crede nel Signore crocifisso e risorto non diventa un maestro che ha sempre una risposta pronta, ma un discepolo nel cui cuore trovano spazio in ugual misura la fede e il dubbio, lo stupore e lo smarrimento, la gioia e la paura.
Per dimostrare ai suoi di essere veramente lui e non un fantasma, il Signore avrebbe potuto fare qualcosa di meno banale che alzare le mani per mostrare i segni dei chiodi e mettersi a mangiare un po’ di pesce arrostito.
Ma è nel nome di questo Messia in carne e ossa, glorificato e ferito - che ci chiede qualcosa da mangiare, anche se è il Pane della Vita che ci cammina accanto, anche se ora siede alla destra del Padre - che siamo mandati per annunciare a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati.
E per dire loro di non cercare più tra i morti colui che è vivo.
Il Risorto non mangia per bisogno, lo fa solo per poesia.
(Gilbert Keith Chesterton)