Venite a laudare (Cort. 1)
La lauda Venite a laudare apre il Laudario I-Ct 91 di Cortona, le cui prime 16 laude, come sappiamo (v. la sezione Laude), sono di soggetto mariano; infatti la confraternita dei Laudesi di Cortona, come molte altre confraternite, era dedicata a santa Maria. Si potrebbe dire che l'invito a laudare la Vergine è rivolta al popolo dal popolo; la melodia della ripresa (ritornello) infatti, è solenne, piana, semplice e priva di ornamenti.
Venite a laudare [e] |
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Maria gloriosa, biata Pietosa regina sovrana, Cortese, ke fai grandi doni, Villani peccatori semo stati Bailia ne dona e potentia, |
Signoria k’afranchi lo core Retorni a tua gran fidanza Sapesse la gente cristiana, Avénte per nostra richeza, Ria vita dei peccatori |
Potrebber’aver per amanza Dovrebbe ciascun rifrutare, Sìate a piacere, gloriosa, Diana stella lucente, Vigorosa potente beata |
Tutta la lauda è strutturata sull'artificio delle "coblas capfinidas" (letteralemente "strofe testa-finita") per la qual cosa l'ultima parola della strofa è ripresa - anche se può essere non perfettamente uguale - dalla strofa successiva. Lo stessa tecnica è utilizzata in altre laude, per esempio in Jesu Cristo glorioso. La struttura rimica è a a x / b b b x / c c c x / etc.
Nella ripresa, adottiamo la lezione testuale di Marco Gozzi, che nel suo Sulla necessità di una nuova edizione del laudario di Cortona (atti del Seminario Internazionale di Filologia Musicale, su "Philomusica on-line", rivista del Dipartimento di Scienze musicologiche e paleografico-filologiche dell'Università di Pavia) evidenzia che nell'indice del laudario è riportato il titolo "Venite a laudare per amore, et [segno tironiano] cantare". La differenza potrebbe sembrare insignificante, ma non è così; l'invito è "a laudare per amore", poi "e cantare l'amorosa vergene Maria"; la terzina sarebbe divisa nel suo significato in due inviti, quindi, e non in tre come sembrerebbe dalla triplice versificazione. Gozzi simpaticamente sottolinea che la lezione più diffusa sembra la "parodia di uno straniero che parla con i verbi all'infinito".
Gozzi, inoltre, sposa la lezione di Terni (1988) e di Dürrer (1993) che a differenza di altri trascrittori (Liuzzi, 1935, per esempio) propongono la strofa intonata una terza sopra, con il sol e non col mi, fino a "preghiam che" dopo di che continua con la notazione tradizionale. Questo perché nel codice originale manca la chiave all'inizio rigo e, inoltre, il salto di sesta maggiore fra fine ripresa e inizio strofa appare inusitato, risultando più coerente con il repertorio laudistico il salto di ottava; infine, intonando con il sol la strofa, si rimarrebbe per tutta la strofa in un "solare e squillante tetrardus autentico".
Noi abbiamo preferito la lezione tradizionale, innanzitutto perché l'approccio alle melodie della laude avendo come riferimento la mera casistica degli intervalli consueti e desueti è un approccio pericoloso, valido fino a un certo punto, ne sanno qualcosa coloro che l'hanno applicato al repertorio cosiddetto "gregoriano"; in secondo luogo, perché quello che Gozzi ritiene un difetto, cioè il traghettaremento della melodia fuori dal tetrardus, rende a nostro parere la lauda ancor più affascinante.
Il Kalòs Concentus propone due versioni della lauda:
una solo strumentale nell'intonazione originale mp3/Venite a laudare strum.mp3
e un'altra corale e strumentale intonata una quarta sotto. mp3/Venite a laudare.mp3