Problemi terminologici
Per corno, oggi si intende - anche se non molti lo sanno - il corno francese, uno strumento in lega metallica appartenente alla famiglia degli ottoni, "che ricorda una lumaca [...] è il discendente diretto del primo corno utilizzato dai cacciatori [...] il corno francese è in realtà tedesco e non va confuso col corno inglese, che è francese". Infatti, il corno inglese "è così chiamato perché non è né inglese né tantomeno un corno. Non va confuso con il corno francese, che è tedesco". David Barber ci aiuta così a fare definitiva chiarezza sul termine "corno" nell'ambiente musicale di oggi, nel suo Piccolo improbabile glossario di musica (Càlamo, Milano, 1993).
Ma nel passato? È certo che le culture antiche usassero corna di animali come strumenti di richiamo, con lo stesso sistema di produzione del suono dei moderni ottoni, cioè soffiando facendo vibrare le labbra sulla cavità più piccola del corno, adeguatamente tagliata e rifinita. Gli israeliti per esempio, narra la Bibbia, lo chiamavano shofar, era il corno di un montone, e veniva usato per annunciare importanti festività religiose e nelle processioni solenni ("Cantate inni al Signore con l'arpa / con l'arpa e con suono melodioso / con la tromba e al suono del corno / acclamate davanti al re, il Signore", Salmo 97, 5-6), e per annunciare la guerra. Giosuè riuscì a conquistare Gerico ubbidendo alla parola del Signore, che impose ai soldati ebrei di girare intorno alle mura della città per sei giorni, e al settimo fece suonare lo shofar ai sette sacerdoti davanti all'arca dell'alleanza, e le mura di Gerico crollarono.
Anche in Asterix è testimoniato l'uso del corno di mucca: da Goti, Ostrogoti, Visigoti (notate la differenza di stile nel suono: "BOOOOOO" e "BOOOAAA, BAAAOOO" per indicare segnali diversi):
ma anche dagli antichi egiziani, che sembra riuscissero a modulare con le labbra note diverse ("BOUHOUHOUHOU" o "BOUOUOUOU", forse un trillo?):
Infine, in Bretagna, i druidi danno il calcio d'inizio a una partita di rugby usando un corno (con il caratteristico "PARP" tipico dei combattimenti, già sentito da una buccina romana all'inizio di un match di box):
(da Musical Instruments of Antiquity as Illustrated in The Adventures of Asterix the Gaul, Daniel A. Russell, Professor of Acoustics & Director of Distance Education Graduate Program in Acoustics, The Pennsylvania State University)
Ma torniamo seri.
Anthony Baines, in Gli ottoni (nella splendida traduzione italiana di Renato Meucci, EDT, Torino, 1991, pp. 48-49) ci dice che: "Le vittoriose incursioni dei Goti e dei Vandali provocarono un temporaneo avvicendamento fra gli strumenti tradizionalmente impiegati in battaglia. Se ne trova conferma nell'iconografia occidentale cristiana, e particolarmente nelle illustrazioni che compaiono accanto alla parola tuba nel testo della bibbia latina (ad esempio nel Libro dei Salmi e in quello dell'Apocalisse). Fino a due secoli dopo Carlo Magno [siamo intorno al Mille, n.d.r.] raramente vi si incontrano delle trombe, ma piuttosto una miriade di corni ricurvi di varie fogge e dimensioni; alcuni di essi erano di formato normale (simili a corni bovini), altri più grandi, ma in ogni caso completamente diversi dagli antichi cornua romani, ormai completamente scomparsi dall'Europa. [...] Si potrebbe supporre che, almeno inizialmente, i decoratori intendessero rettificare la traduzione di S. Gerolamo il quale - pur conoscendo perfettamente i nomi degli strumenti - aveva tradotto il termine ebraico shofar [v. sopra] usando la parola latina tuba invece del più appropriato buccina."
In altre parole, la tuba è simile alla tromba, essendo di bronzo, la buccina (boukina) era il corno; la Bibbia ebraica riporta quest'ultima, ma S. Gerolamo traduce tuba. Anche i santi ci si mettono a ingarbugliare le cose... Adesso possiamo capire anche il perché dell'errore di Julius Schnorr von Carolsfeld (1794-1872), che incidendo La battaglia di Gerico riportata qui sopra ha usato le tube e non le buccine.
Comunque sia Baines continua raccontando che nell'Alto Medioevo i re gallesi "avevano diritto per legge a tre corni bovini (chorn buelyn): uno per bere, uno per l'adunata (un corno da guerra, probabilmente grande) e uno per la caccia ([...] di piccole dimensioni)." Nessun corno, insomma, per scopi musicali. Anche i paladini altomedievali e i cavalieri feudali sembra che "usassero principalmente i corni come strumenti da segnalazione e da guerra".
Il corno nel Kalòs
La storia del corno è lunga e affascinante. Ma non possiamo entrare molto nei dettagli. Al mercatino degli oggetti usati Marco ha comprato il corno di mucca che potete vedere qui, 18 cm di sacra bovinità.
In un caldo pomeriggio del giorno dedicato proprio a S. Marco, con un seghetto abbiamo sagomato la punta fino ad avere una superficie quasi sferica di circa 1 cm di diametro. Poi, pazientemente, partendo dalla punta del 3 fino a quella del 6,5 abbiamo forato per circa 10 cm di lunghezza lo strumento, fino a giungere alla cavità conica aperta (non vi dico dell'acre odore di brodo che proveniva dalla polvere di corno). Al termine, quasi tremanti, abbiamo inserito un bocchino di cornetto rinascimentale in osso nel foro praticato, e abbiamo emesso il primo suono, un vero e proprio vagito in una precaria intonazione di re.
Che forse il Kalòs debba andare a caccia o in guerra? No, niente di tutto questo. Ci piace pensare che quando saremo pronti, si potrà eseguire un brano come la lauda Cristo è nato usando il suono del corno a mo' di richiamo araldico, un bordone di sottofondo alla ripresa.
(Nuss)