EZECHIELE, CHE A GERUSALEMME
7 luglio 2024, XIV PER ANNUM B
(Ez 2,2-5; Sal 123/122; 2 Cor 12,7b-10; Mc 6,1-6)

 

E si meravigliava della loro incredulità (Mc 6,6)

 

Ezechiele, che a Gerusalemme era sacerdote nel Tempio del Signore, in esilio a Babilonia divenne profeta.
Per lui i cieli si aprirono ed ebbe visioni divine (Ez 1,1-2) e il Signore gli mostrò ciò che fu negato ad Abramo e a Mosè.
Non il volto di Dio, ma l’abisso del suo Mistero, il complicato ingranaggio che sorregge l’universo e la storia umana (Ez 1,1-28).
Tutto questo accadde a Babilonia, in una terra impura.
Colui che è Santo sceglie l’impurità per aprirsi una strada verso gli uomini (André Neher).
Ciò che vide (e tentò di descrivere) lo aveva steso a terra, lasciandolo come morto (Ez 1,28) ma lo Spirito del Signore lo risollevò, perché davanti al Signore si deve chinare il capo (1Re 19,13) ma rimanere in piedi.
La parola che ricevette all’inizio fu piena di dolcezza (Ez 3,3), ma poi divenne la sua passione, la sua tragedia, perché Israele si ostinava a rimanere una casa ribelle.
Questo è il destino che il Signore gli pose davanti e al quale, come Geremia (Ger 1,5), non poté sottrarsi.
Che ascoltino o non ascoltino per il Signore sembra non avere importanza.
Ciò che conta è che la parola sia detta, perché la Sua parola ha la forza del seme che cresce da sé (Mc 4,26-29), quale che sia la risposta umana.

 

L’obbedienza alla parola del Padre riportò Gesù nella sua patria.
I suoi parenti e sua madre avevano appena tentato di mettere le mani su di lui per riportarlo a casa perché dicevano che era fuori di sé (Mc 3,21).
Ma Gesù non è manipolabile dal volere degli uomini.
È la volontà del Padre che lo porta da un luogo all’altro.
Così ritornò a casa nel giorno più santo della settimana, il sabato, ed entrò in sinagoga, il luogo più religioso del villaggio.

 

È la terza volta (e anche l’ultima) che l’evangelista Marco riporta il fatto di Gesù che entra in una sinagoga in giorno di sabato.

 

La prima volta fu a Cafarnao, dove affrontò un uomo posseduto da uno spirito impuro.
A differenza della gente del suo villaggio, il diavolo sapeva chi era Gesù, il Santo di Dio, ma non voleva avere niente a che fare con Lui (Mc 1,21-26).

 

La seconda volta che entrò in una sinagoga, sempre a Cafarnao e sempre in giorno di sabato, guarì un uomo che aveva la mano paralizzata.
Ma per farisei ed erodiani trasgredire il comandamento del sabato è un atto più grave che fare del bene o salvare una vita. Per questo, usciti dalla sinagoga, tennero consiglio contro di lui per farlo morire (Mc 3,1-6).

 

Il suo terzo ingresso in sinagoga avvenne nella sua patria, (a Nazareth si suppone, anche se l’evangelo non lo precisa), dove si mise a insegnare.
Non sappiamo che cosa abbia insegnato, quali brani della Scrittura abbia commentato.
Sappiamo solo che la sua parola scandalizzò gli ascoltatori.
Non perché troppo trasgressiva o troppo banale, ma perché era una parola piena di autorità (Mc 1,27) e veniva da un figlio dell’uomo, uno di loro, il falegname, il figlio di Maria.
Per difendere l’onore di Dio gli abitanti del villaggio si rifiutarono di riconoscerne la presenza nell’umiltà dell’uomo Gesù.
Com’è possibile che il tre volte Santo, il Signore degli eserciti che riempie la terra della sua Gloria (Is 6,3), si manifesti nella fragilità della condizione umana?

 

Ma le vie di Dio e i suoi pensieri non sono né le nostre vie né i nostri pensieri (Is 55,8-9).

 

In esilio a Babilonia Dio manifestò la sua santità mettendo la sua parola in bocca a Ezechiele, un figlio d’uomo che molti consideravano fuori di sé per i gesti stravaganti che compiva (Ez 3,24-25; 4,1-17; 5,1-4).

 

Come tutti i profeti, anche Gesù, parola fatta carne, fu rifiutato da chi aveva la pretesa di conoscere Dio e di difenderne l’onore.
Ma credere di conoscere Dio e di sapere tutto di lui è la presunzione diabolica che finisce per allontanarlo.

 

In ogni caso a Nazareth Gesù non si sottrasse alla missione di portare l’annuncio dell’evangelo del regno di Dio che si è fatto vicino (Mc 1,15).
Ascoltino o non ascoltino, devono sapere che un profeta è in mezzo a loro.
Un profeta che non era a loro immagine e somiglianza, che non corrispondeva alle categorie ideali che avevano in testa.
Per conoscere Gesù è necessario andare dietro a lui, seguirlo lungo la strada che lui deve percorrere (Mc 8,33-34), non quella che gli uomini vorrebbero fargli fare.
A Cafarnao Gesù si era meravigliato per la fede dell’emorroissa e di Giairo (Mc 5,21-43).
A Nazareth, invece, si meravigliò dell’incredulità di chi credeva di conoscerlo perché era uno di loro, uno come loro.

 

Davanti a Gesù e alla sua Parola non sembrano esserci alternative.
O lo si accoglie con tutto lo scandalo della sua debolezza (1Cor 1,23), oppure si è scandalizzati da lui e gli si voltano le spalle.

 

Cosa che fecero i suoi amici più intimi, i Dodici, quando le guardie misero le mani su Gesù e lo arrestarono.
Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono (Mc 14,50).

 

Chi non fu scandalizzato fu un uomo che stava sotto la croce.

 

Mentre i capi dei sacerdoti e gli scribi erano scandalizzati da Gesù che aveva preteso di essere il Cristo e il re di Israele (Mc 15,32), per il centurione romano, straniero e pagano, in un luogo impuro come il Golgota, si aprirono i cieli ed ebbe visioni, com’era accaduto a Ezechiele sei secoli prima, a Babilonia.

 

Egli vide in quel figlio dell’uomo che moriva come un delinquente comune il Figlio di Dio (Mc 15,39) e nella sua croce il legno che sostiene l’intero universo.

 


Se Dio non si fosse fatto uomo, l’uomo non avrebbe mai potuto raggiungere Dio.
(Atanasio di Alessandria)