SALOMONE AVEVA DICIASSETTE ANNI
30 luglio 2023, XVII DOMENICA PER ANNUM A
(1Re 3,5.7-12; Sl 119/118; Rm 8,28-30; Mt 13,44-52)

 

Ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (Mt 13,52)

 

Salomone aveva diciassette anni quando il Signore gli apparve in sogno a Gabaon.
Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda – gli disse.
Nel sonno Salomone chiese la grazia di un cuore capace di ascoltare (lev shoméa).
Il Signore apprezzò l’umiltà e la saggezza del ragazzo e gli concesse quello che chiedeva e anche tutto ciò che non aveva domandato, cose come la ricchezza e la gloria.
E se avesse camminato nelle Sue vie, osservando le Sue leggi e i Suoi comandi, come aveva fatto Davide suo padre, avrebbe prolungato anche la sua vita (1Re 3,13-14).

 

Diciannove anni dopo il Signore apparve per la seconda volta a Salomone, come gli era apparso a Gabaon. Il re in quegli anni aveva portato a termine la costruzione del tempio del Signore, della reggia e di quanto aveva voluto attuare.
Ma il Signore non gli apparve per elogiarlo quanto piuttosto per metterlo in guardia.
Ascoltami bene – gli disse – tu che hai chiesto la grazia di un cuore capace di ascoltare. Se voi e i vostri figli vi ritirerete dal seguirmi, se non osserverete i miei comandi e le mie leggi che io vi ho dato, se andrete a servire altri dei e a prostrarvi dinanzi ad essi, allora eliminerò Israele dalla terra che ho dato loro, rigetterò da me il tempio che ho consacrato al mio Nome; Israele diventerà la favola e lo zimbello di tutti i popoli (1 Re 9,1-9).

 

Il Signore si rivolse a Salomone con parole cariche di minaccia, presagio di un fallimento, perché in quei diciannove anni aveva smesso di ascoltare la parola del Signore.
All’obbedienza dovuta a Dio (termine che richiama l’ascolto) aveva sostituito la bramosia per le cose di questo mondo; al timore di Dio, aveva preferito il culto di sé.
Poco tempo dopo avere chiesto il dono di un cuore ascoltante, Salomone aveva già quattromila scuderie di cavalli per i suoi carri e dodicimila cavalli da sella (1Re 5,6), nonostante la Scrittura ordini al re di non tenere troppi cavalli (Dt 17,16).
Cavalli accumulati inutilmente, – precisa rabbi David Kimki, detto Radaq – poiché non gli servivano per la guerra, ma solo per la sua gloria.
Salomone aveva chiuso il cuore all’ascolto e aveva aperto gli occhi sulle cose di questo mondo, lasciandosi incantare dalla ricchezza e dalla gloria.

 

Inoltre – insegnano i maestri – si sottrasse a molte prescrizioni bibliche ritenendo che fossero destinate solo ai comuni mortali e che la sua sapienza avrebbe saputo proteggerlo dalle frivolezze, illusioni e tentazioni di certi comportamenti umani (Sanhedrin, 21b).
Salomone si fidò troppo della sua sapienza; ha preso la legge tra le sue mani invece di seguirne le regole, giudicate futili e inadatte all’alta considerazione che aveva di sé (Yaakov Culi, Me’am Lo’ez).

 

Le parabole del tesoro nascosto nel campo e della perla preziosa apparentemente sono legate al senso della vista, ma in realtà parlano della grazia dell’ascolto.
Il mercante trova ciò che cercava e il contadino anche ciò che non stava cercando, perché possiedono il dono che Salomone aveva chiesto la prima volta al Signore, un cuore ascoltante.

 

I tesori del regno si trovano chiudendo gli occhi e aprendo il cuore all’ascolto.
Quando incontrarono il Signore, Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni (Mt 4,18-22), Matteo il pubblicano (Mt 9,9) chiusero gli occhi e aprirono il cuore.
E nel loro cuore ascoltante entrò una Parola che portò nella loro vita, all’improvviso, un senso di gioia e di libertà.
All’improvviso, senza neppure cercare, come il contadino della parabola, avevano trovato qualcosa, o meglio qualcuno, che valeva più di barche, reti e soldi, più di padre e madre, di figli e figlie, di fratelli e sorelle, di case e campi, (Mt 10,37; 19,27-29).
Il Regno di Dio è così: capita all’improvviso e la sola scelta sapiente è lasciare tutto per entrarne in possesso (Bruno Maggioni).

 

Invece il giovane ricco che non volle lasciare tutto per seguire Gesù, se ne andò via triste, poiché aveva molti beni (Mt 19,16-22).

 

Il discepolo che ascolta la parola di Gesù non rimpiange ciò che ha lasciato, perché il Signore, come dice il salmo, allarga il cuore e lo riempie di gioia (Sl 119,32).

 

Tuttavia la gioia della scoperta non toglie la fatica del cammino.
La sequela è una conquista quotidiana, non una condizione acquisita per sempre, concessa una volta per tutte e non revocabile.
Il giusto, lo tzsaddiq, non è il fondamento del mondo. Lo diventa (Andrè Neher).

 

Il giudizio biblico su Salomone non è positivo.
Dopo aver trovato la perla preziosa, la accantonò per occuparsi di ciò che è vanità e un correre dietro al vento (Qo 2,11).

 

Accadde anche ai discepoli che all’inizio, dopo aver abbandonato tutto per seguire Gesù, alla fine abbandonarono Lui per salvare se stessi (Mt 26,56).

 

Ma esiste il pentimento e perciò la speranza (Elie Wiesel).

 

Lo sguardo di Gesù che si volse verso Pietro che l’aveva appena rinnegato non fu un atto di condanna, ma un invito a continuare a cercare ciò che per un istante aveva perduto (Lc 22,61).

 

Per quanto riguarda Salomone, sappiamo che il tempo in cui regnò a Gerusalemme su tutto Israele fu di quarant’anni. Poi si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide, suo padre (1Re 11,42-43).

 

Salomone non portò nulla con sé di tutto quello che aveva accumulato, né cavalli, né donne, né ricchezze. Quando chiuse gli occhi sulla scena di questo mondo d’illusioni, si presentò davanti a Dio con un carico di peccati più che di meriti.
Tuttavia voglio sperare che il Signore gli abbia aperto le porte del paradiso a motivo di quella grazia che aveva chiesto a Gabaon, quando aveva solo diciassette anni.
La grazia di un cuore ascoltante.

 

Rabbi Elimelek diceva: Quando mi presenterò davanti al tribunale celeste mi domanderanno se sono stato giusto. Dirò di no. Poi vorranno sapere se sono stato caritatevole. Dirò di no. Se ho dedicato la mia vita allo studio? No. Alla preghiera? Neppure. Allora il Giudice Supremo, Benedetto egli sia, dirà sorridendo: Ma tu dici la verità e grazie alla verità avrai la tua parte nel mondo a venire.
(Racconti dei Chassidim)