Ripropongo in questa pagina un breve estratto (modificato e semplificato per l'occasione) dalla mia tesi di laurea magistrale in Musicologia e Beni Musicali Gaffurio perfectus musicus. Lettura dei motetti missales (Università degli Studi di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia, Anno Accademico 2009-2010, relatore prof. Davide Daolmi).
Sergio Lonoce

 

Ave verum corpus
Un mottetto inedito

 

Fra le Messe di Gaffurio vi è la Missa brevis octavi toni, che occupa i fogli che vanno dalla c. 130v alla c. 135r del secondo dei quattro Libroni Gaffuriani, custoditi presso l’Archivio della Cappella musicale del Duomo di Milano.
Brevis perché contiene soltanto:
- Gloria (con alcune parti testuali mancanti), cc. 130v-131r
- Credo (idem come sopra), cc. 131v-133r
- Sanctus, cc. 133v-134r, ma al piede della c. 133r, al termine della parte di contragravis del Crucifixus (Credo), una mano ha rubricato: «Sanctus require in f. 136», ed effettivamente alle cc. 135v-136r è presente un altro Sanctus, scritto però da un’altra mano rispetto a quella nel corpo della Messa, probabilmente dallo stesso Gaffurio.

Al f. 135 (cc. 134v-135r) vi è un mottetto, Ave verum corpus che manca completamente dalle edizioni dell’«Ar­chi­vium Musices Metropolitanum Mediolanense» (la collana musicale della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano), sia dalle Messe trascritte dal Amerigo Bortone nel 1958, sia dai Mottetti di Luciano Migliavacca del 1959. Molto probabilmente ognuno dei due pensava fosse compito dell’altro doversene occupare, essendo chiaramente un mottetto, ma allo stesso tempo facente parte di una messa.

Alla luce del fatto che non ho trovato in nessuna pubblicazione gaffuriana il mottetto in questione, ritengo di poter affermare che si tratti di un inedito.

L’Ave verum corpus si pone quindi dopo il Sanctus, e per questa posizione, ma ancor più per le sue caratteristiche che andremo ad approfondire, si può definire un mottetto all’elevazione.

Il testo
Il testo adottato da Gaffurio non segue la versione ufficiale del canto liturgico:

Ave verum corpus factum sine iuri feminæ.
Ave Verbum Patris natum ex Maria virgine,
Christi sanguis ave cæli sanctissime potus,
unda salutaris, crimina nostra lavans.
Caro cibus, sanguis potus manes tamen Christe totus, sub utraque specie.
Ave mater Salvatoris, vas electum, vas honoris, vas cælestis gratiæ.
Salve rosa sine spina, flos es florum,
in hac valle nos protege o Maria,
tu nos pasce et hora mortis suscipe.

(Ave vero corpo fatto senza colpa di donna. Ave Verbo del Padre, nato da Maria vergine, ave sangue di Cristo, bevanda santissima del cielo, onda salvifica, che lava i nostri peccati. Carne-cibo, sangue-bevanda, eppure rimani integralmente Cristo sotto l’una e l’altra specie. Salve madre del Salvatore, vaso eletto, vaso di onore, vaso della celeste grazia. Salve rosa senza spina, tu sei fiore dei fiori, proteggici in questa valle, o Maria, abbi cura di noi e sollecita l’ora della morte.)

Parte del testo deriva da una preghiera di Sant’Anselmo Cantuariense (Aosta 1033 – Canterbury, 1109), la Saluta­tio ad Dominum Jesum Christum:[1]

Christi corpus ave, sancta de Virgine natum,
viva caro, Deitas integra, verus homo.
Salve vera salus, via, vita redemptio mundi,
Liberet a cunctis nos tua dextra malis.

Christi sanguis ave, cœli sanctissime potus,
Unda salutaris crimina nostra lavans.
Sanguis ave lateris Christi de vulnere sparse
In cruce pendens unda salutaris ave.

(Salve corpo di Cristo, nato da santa vergine / carne viva, divinità integra, vero uomo. / Salve vera salvezza, via, vita, redenzione del mondo / che la tua destra ci liberi da tutti i mali. // Salve sangue di Cristo, bevanda santissima del cielo, / onda salvifica che lava i nostri peccati. / Salve sangue versato dalla ferita sul fianco di Cristo / appeso alla croce, salve onda salvifica.)

Rappresentano un’altra fonte alcuni inni De Beata V. del xiv-xv sec.[2] Come si può vedere dallo schema qui sotto riportato, Gaffurio – per il testo di questo mottetto – effettua una sorta di copia e incolla da diverse fonti:

Ave verum corpus factum da Ave verum corpus
sine iuri feminæ ?
Ave Verbum Patris ?
natum ex Maria virgine da Ave verum corpus
Christi sanguis aveda Sant’Anselmo
cæli sanctissime potus idem
unda salutaris, idem
crimina nostra lavans idem

Caro cibus potus da Lauda Sion Salvatorem[3]

manes tamen Christe totus idem
sub utraque specie idem
Ave mater Salvatoris da Adamo di San Vittore
vas electum, vas honoris, vas cælestis gratiæ idem
Salve rosa sine spina, flos es florum da Inni del xiv-xv sec.
in hac valle nos protege o Maria, idem
tu nos pasce et hora mortis suscipe. idem[4]

La musica
L’ambito delle quattro estensioni vocali nel mottetto è:

[superius]: re3-do4
contraltus: la2-sol3
tenor: fa2-re3
contra bassus: do2-la2

Le chiavi per le quattro voci sono tutte di Do, posizionate (dall’alto): soprano, contralto, tenore, tenore.
Il tempo, in tutti i mottetti, è imperfetto con prolazione imperfetta e tactus di breve (in pratica un tempo binario tagliato).
L’viii modo è il plagale del tetrardus, il modo di sol, con finalis sol e repercussio sul do. Il brano inizia con la triade di Re min., in perfetta sintonia con l’accordo finale del Sanctus precedente. Questo fatto conferma ulteriormente, semmai ce ne fosse la necessità, l’appartenenza di questo mottetto al corpus della messa. Il brano termina in sol.
Le prime quattro battute sono accordi coronati sul testo «Ave verum corpus factum». Il cambio di armonia fra un accordo e l’altro è effettuato con sposta­menti minimi delle quattro voci. La sequenza degli accordi è:

Re m, Re m (I riv.), Do (I riv.), Re m; Fa, Re m, Do (I riv.) Re m

Anche le successive quattro battute vedono le voci muoversi il meno possi­bile. Sembra che Gaffurio voglia concentrare l’attenzione del fedele sul mistero della transustanziazione, la staticità è funzionale al dogma, i minimi cambia­men­ti non creano distra­zione. Questa è la cifra di tutto il mottetto. Anche quando la condotta delle parti vede maggiore dinamicità – un canone accennato fra B e A a batt. 8-11, l’episodio a due voci di batt. 24-26, la successiva imitazione fra A e B, l’accenno di antifonia alle batt. 41-50 che sfocia nel nuovo episodio di accordi coronati, il terzo (prima, alle batt. 17-19 se ne era presentato un altro su «Christi sanguis, ave»), ora sul testo «Salve rosa» – sembra che Gaffurio non voglia distrarci con la suamusica. L’intervallo più ampio di S è la terza, sia ascendente che discendente, usata – se escludiamo i passaggi interni e con l’esterno degli accordi coronati e le riprese di voce dopo le pause – solo 4 volte, alle batt. 14, 31, 44 e 45-46. Alle altre voci non va molto diversamente: A ha due intervalli di quarta in tutto il brano, dieci di terza; T due soli intervalli di terza, alle batt. 14 e 66; B, per finire, usa intervalli più ampi della seconda per la sua necessaria funzione di pilastro armonico.

Un’ultima considerazione sulle aree nelle quali la musica si ferma su accordi coronati. Come abbiamo detto sono ben tre, ma vorrei attirare l’atten­zione sul fatto che la prima è sul ‘corpo’, la seconda sul ‘sangue’ e la terza sulla metafora mariana della ‘rosa’. La Vergine è protagonista dell’evento di salvezza perché per nove mesi quel corpo e quel sangue furono il suo corpo e il suo sangue. Gaffurio non fa altro che illustrare, posizionando semplici note sul pentagramma, il dogma dell’Incarnazione.

 


[1] In http://www.documentacatholicaomnia.eu.
[2] In Analecta Hymnica Medii Aevi, ed. Clemens Blume e Guido Maria Dreves, vol. xxxii, Leipzig: O.R. Reisland, 1899.
[3] Sequenza di San Tommaso d’Aquino, xiv stanza.
[4] Anche in Hymnus in honorem BMV, in Liber Usualis, p. 1863, Tournai (Belgio): Desclée & Co., 1953.