GIOVANNI BATTISTA AVEVA IDEE MOLTO PRECISE
27 agosto 2023, XXI DOMENICA PER ANNUM A
(Is 22,19-23; Sl 138/137; Rm 11,33-36; Mt 16,13-20)

 

Ma voi, chi dite che io sia? (Mt 16,15)

 

Giovanni Battista aveva idee molto precise sul compito che attendeva il Messia e sugli strumenti che avrebbe dovuto usare.
Ma Gesù, il più forte di lui non teneva in mano la scure per abbattere gli alberi sterili, né il fuoco per bruciare la paglia con fuoco inestinguibile (Mt 3,10-12).
Questo fatto scandalizzò Giovanni.
Ma dallo scandalo, per quanto doloroso, emerse la domanda necessaria: Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? (Mt 11,2-3).

 

Domanda che Gesù pose anche ai suoi discepoli nel cuore dell’evangelo.
Prima chiese che cosa la gente dicesse di lui.
Poi si rivolse direttamente a loro: Ma voi, chi dite che io sia?

 

Sulla figura di Gesù di Nazareth si sentono tante voci, si spendono tante parole, si confrontano tante opinioni…
Ma non è il sapere che fa il discepolo.
Il Ma avversativo che Gesù premette alla domanda pone ciascuno di fronte a lui e, anche se la domanda è al plurale, la risposta non può che essere singolare. Il discepolo che accoglie la parola di Gesù e accetta di seguirlo è chiamato a dare la sua risposta.

 

Ciò che si dice di Gesù, oggi come allora, non è necessariamente sbagliato.
Ciò che ha detto e fatto è universalmente riconosciuto e apprezzato ma Gesù non sembra interessato a questo tipo di conoscenza universale.
La sequela è anzitutto una storia d’amore e ogni storia d’amore è unica.

 

La risposta di Pietro – Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente – non è solo una risposta religiosamente corretta.
Anche i demoni riconoscevano in Gesù il figlio di Dio, ma con lui non volevano averci niente a che fare (Mc 1,24).
Avere a che fare con Gesù è una questione d’amore: questo è ciò che differenzia la fede del credente da quella diabolica dei demoni o da quella sterile dell’intellettuale.

 

Dopo la professione di fede di Pietro, Gesù iniziò a parlare esplicitamente della sua passione, perché avere a che fare con Gesù significa condividere la sua paradossale via di salvezza.

 

Qualche tempo prima i discepoli stavano attraversando il lago quando furono sorpresi dalla tempesta. Sarebbero affondati se il Signore, sul finire della notte, non fosse andato loro incontro camminando sul mare. Appena salito sulla barca il vento cessò e i discepoli si prostrarono davanti a lui, dicendo: Davvero tu sei il Figlio di Dio! (Mt 14,24-33).

 

In quel momento i discepoli, prostrati davanti a Gesù, riconobbero l’Onnipotenza di Dio sul creato e sulle forze della natura.

 

Da Cesarea di Filippo e da quel Ma voi chi dite che io sia, Gesù iniziò a preparare i discepoli a un’altra forma di Onnipotenza.
Conoscere Gesù, come Messia e Figlio di Dio, non è frutto dell’intelligenza, ma è una grazia ricevuta dall’alto. A Pietro, uomo dalla fede piccola (Mt 14,31), per un istante, fu tolto il velo dagli occhi e riuscì a percepire il mistero che Dio nasconde ai sapienti e ai dotti e rivela ai piccoli (Mt 11,25).

 

La scienza di Cristo non ha bisogno di un’anima dialettica, ma di un’anima che vede; il sapere dovuto allo studio si può possederlo anche senza essere puri; la contemplazione appartiene solo a coloro che sono puri (Evagrio Pontico, Trattato pratico).

 

Questa rivelazione provocò in Simone, figlio di Giona, due effetti.
La beatitudine e il cambio del nome

 

La beatitudine evangelica non è uno stato di benessere, ma uno stile di vita.
Beati sono i poveri e i miti, i misericordiosi e i puri di cuore, gli afflitti e i pacifici, gli affamati e assetati di giustizia e i perseguitati (Mt 5,1-11).

 

E il nome nuovo è un atto di creazione, più che un segno di riconoscimento.
Simone il figlio di Giona, uomo d’acqua, diventa Pietro, Roccia, uomo reso solido dalla sua fedeltà a Colui che è la Roccia e non dalla sua forza di volontà.
Su di te Io edificherò la mia Chiesa – dice Gesù.
Pietro non edifica niente, e la chiesa non gli appartiene.
La Chiesa di Cristo resisterà a tutte gli attacchi delle potenze degli inferi se Pietro avrà la perseveranza di rimanere aggrappato a Gesù.

 

Come insegnano i maestri Il giusto, lo tzaddik, non è il fondamento del mondo. Lo diventa. Deve diventarlo (Andrè Neher).

 

Simon Pietro non è la roccia, deve diventarlo.

 

Per lui tutto era iniziato in riva al lago, nel momento luminoso della chiamata (Mt 4,19-20).
Ma tutto re-iniziò a Cesarea di Filippo con la sua professione di fede.
Come tutto iniziò nuovamente nel momento drammatico della fuga e del rinnegamento (Mt 26,56.69-75).
E tutto ricominciò all’alba del primo giorno della settimana con la sua corsa affannosa verso il sepolcro (Gv 20,4), e nel momento in cui per tre volte disse a Gesù: Signore, nonostante tutto, tu sai che io ti voglio bene (Gv 21).
Chi ascende non si ferma mai, va da inizio in inizio, secondo inizi che non finiscono mai (Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico dei Cantici).

 

La sequela è un infinito viaggiare, una cammino iniziato per grazia e sostenuto dalla grazia fino al giorno in cui saremo davanti a lui, faccia a faccia e lo conosceremo perfettamente come anch’io sono conosciuto da Lui (1Cor 13,12).

 

Nell’istante in cui Gesù manifestò la sua vera Onnipotenza, sulla cima del Golgota, il Padre che è nei cieli rivelò i misteri del regno a un uomo che non lo conosceva.
Com’era accaduto ai discepoli a Cesarea di Filippo, Gesù chiese anche al centurione che stava sotto la croce, nella voce di un silenzio sottile (1 Re 19,12): Ma tu, chi dici che io sia? E il centurione, vedendo morire Gesù, vedendo come moriva, disse: Davvero tu sei il Figlio di Dio (Mt 27,54).

 


A dare risposte sono capaci tutti, ma a porre le vere domande ci vuole un genio.
(Oscar Wilde)