I PADRI DELLA CHIESA SONO ONORATI
1° novembre 2023, Solennità di tutti i Santi
(Ap 7,2-4.9-14; Sl 24/23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-11)

 

Io Giovanni, vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare… (Ap 7,9)

 

I Padri della Chiesa sono onorati e conosciuti come i grandi luminari che, liturgicamente, ci rivelano che la luce di Cristo illumina tutti.
Accostandoti a loro trovi l’offerta sorgiva della verità che rende liberi. Trovi la vita, la sincerità, la confessione, l’umiltà, la ricchezza dello Spirito, l’ascensione della carne, la trasfigurazione del mondo, l’illuminazione dell’opaco, il significato dell’insignificante, la grazia dell’eternità dispiegata nel quotidiano e nell’ordinario, la valorizzazione dell’uomo, la fornace infuocata e piena di rugiada (Dan 50,3) della divina liturgia, nella quale tutte le cose si riempiono di una luce che le trasforma: le rende tutto fuoco; le rende tutte rugiada.
Essi, in quanto pieni di grazia, si muovono liberamente. Parlano personalmente.
Spargono benedizione. Sopportano tutti (nella loro severità).
Conoscono tutti nel loro amore. Amano tutti perché essi stessi sono amore.

 

Lasciano che tutto si muova liberamente. Aspettano che l’altro trovi il suo ritmo, la sua strada. Sacrificano la loro vita, a somiglianza del Dio-Uomo, affinché a vivere sia l’altro. Effondono grazia. Nascondono, per modestia, la propria virtù. Sanno che tutto ciò che è vero è un dono dall’alto. Hanno dato a Dio quel poco che avevano. E hanno preso tutto. Lo prendono continuamente, lo ricevono incessantemente. E non resistono alla profusione di vita. Vogliono farsi da parte, vivere nella quiete, essere tranquilli, non diventare oggetto di chiacchiere. Tutto quello che vogliono è che gli altri vivano.

 

Essi sono altrove. La radice della loro esistenza si abbevera ad acque segrete.
Sono consolati in una maniera straordinaria. Vivono dinanzi e in mezzo a cosmogonie: Quando furono creati gli astri, tutti i miei angeli mi lodavano (Gb 38,7). E Dio opera fino ad adesso (Gv 5,17) la salvezza del mondo. I santi vedono, si sbalordiscono, inneggiano.
Si contraggono - lui deve crescere, io invece diminuire (Gv 3,30) - perché possa circolare, fluire scorrere l’amore divino. La terra irrigarsi. L’ombra illuminarsi. L’afflizione del mondo trovare consolazione, convertirsi in esultanza.

 

Hanno cercato anzitutto il regno di Dio (Mt 6,33), e tutte le altre cose sono state date loro gratuitamente. Non sono semplicemente pensatori, retori, letterati, poeti. Sono liberi, veri, autentici; sono divinamente ispirati. Si sono mossi spontaneamente. Si sono espressi sinceramente. Hanno amato l’umiltà. Si sono riempiti di sapienza. Sono diventati oratori dalla bocca d’oro (crisostomi), teologi, poeti, architetti della parola. Si sono sviluppate le loro qualità nascoste. E brillano dall’interno del loro essere.
Non hanno imparato, ma hanno patito il divino. L’hanno sperimentato su di sé.
Li ha cambiati. Li ha divinizzati. Rivelano ciò che l’uomo è e ciò che può diventare.

 

La grazia, l’ispirazione teologica arrivano improvvisamente dall’alto nel momento inaspettato da te. Per giungere a quel momento hanno attraversato tormenti di prove e di burrasche. In quel momento di quiete e di chiarezza - dopo la tempesta - appaiono nitidamente le realtà nascoste, le cose oscure e occulte (Sal 50,8).
Ancora. Se tutto è coperto da una nube e da una nebbia di accidia, l’uomo della grazia circola indisturbato, perché in lui rimane luminosa la topografia del piano che gli è stato rivelato.

 

È audace, ma altresì sublime, dare tutto e, superando i limiti della corruzione, abbandonarsi nelle mani del Potente. E, alla fine, non essere tu a parlare, ma la grazia di Dio attraverso te, con ogni tua sensazione e contrizione.
I Padri, i grandi elementi che, come nella creazione, tengono insieme la fede, hanno conseguito tutto ciò. E ognuno nella sua maniera personale manifesta la medesima verità.

 

Insieme ai grandi santi conosciuti, ce ne sono molti altri - un nugolo intero - anonimi e sconosciuti, che possiedono la medesima grazia, benché la loro voce non si sia udita nella pubblica piazza. La loro figura non è diventata nota. Sono rimasti sconosciuti al mondo, alla loro cerchia e al loro stesso io. Perché l’hanno considerato un nulla. Non gli hanno mai dato importanza. Non hanno trovato in esso alcun carisma da mettere in mostra, sì da starsene ben dritti e farsi un poco vedere. Hanno scelto la via della contrizione, il servizio dell’amore e dell’oblazione, preferendo il nascondimento. Non hanno detto nulla, forse nemmeno una frase. E tuttavia hanno detto molto con il comportamento, con il sorriso, la capacità di perdono. Questi inesistenti, questi esseri che non sono (1Cor 1,28), di cui il mondo non è degno (Eb 11,38) sono diventati uguali a Dio. Essi sono realmente esistiti. Esistono. L’esame della loro vita, la loro condotta, restano una benedizione.
Sono stati provati come oro nella fornace (Sap 3,6) e, provati, hanno sfavillato.
Rimangono come consolazione, come rugiada dell’Ermon (Sal 132,3) per il popolo.

 

E tutti - noti e ignoti - si trovano tra noi, nel nostro quartiere, nel nostro lavoro, nella nostra casa. Non sospettiamo di loro. Li incrociamo superandoli, per strada. Li ignoriamo e questa ignoranza li favorisce. Amano il nostro disprezzo. Si muovono, così, liberamente. Pregano senza sosta. Fanno del bene in modo silenzioso e sconosciuto.

 

Talora nelle tribolazioni che umanizzano l’uomo o negli eventi tragici che possono colpire ognuno di noi, li ricordiamo.
Cerchi, allora, e trovi i santi. Crei un’altra cerchia di conoscenze. Trovi i perduti, coloro che non sono, gli umili e spaziosi, quelli che il dolore ha reso autentici. Resti con loro. Ti siedi, ascolti, guardi. Non fai nulla, solo subisci l’irradiazione silenziosa che essi emettono con generosità e sacralità. Questa irradiazione di vita divina ti accarezza, ti cura. Ti rimargina le piaghe. Costituisce il tuo essere. Coltiva la tua anima. Sostanzia la tua persona.
Ti rende sensibile. Ti dà conforto, che è amore e profusione di vita. Ti senti veicolo di gioia, vaso di elezione (At 9,15), creazione di un amore eterno, che s’incarna nel tempo. Passi consapevolmente in uno spazio e in un tempo liturgici. Vivi con tutti i santi (Ef 3,18). Sei in pace e glorifichi perennemente Colui che è L’Alfa e l’Omega, la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv 1,9).

 

Alla fine comprendi che non ci sono (santi) antichi o nuovi. Ci sono unicamente veri o falsi.
Un santo, uno vero, è sempre vivo, al di là del fatto che appartenga al passato o all’oggi, che sia colto o analfabeta. La potenza della verità e della vitalità dello Spirito abolisce le distanze del tempo e le differenze di cultura. Attraversa, con la grazia increata, ciò che è creato e visibile, facendo lampeggiare come luce (Mt 17,2) anche le vesti della parola della persona santa.

 

Un semplice Anziano degli Apoftegmi dei Padri, che girava nel deserto come un animale, non ha meno grazia e audacia nella fede di un Massimo il Confessore. E un umile fedele di oggi, che possiede realmente la grazia della Pentecoste – per questo né indossa i panni dell’abba, né scimmiotta una qualche teologia – e che manifesta, con una parola di conforto, o con un sorriso e con il suo cuore puro l’amore di Dio per tutto ciò che esiste.

 

(Basilio di Iviron, Incontri con un monaco del Monte Athos)