GESÙ LASCIÒ IL CORTILE DEL TEMPIO
3 dicembre 2023, I AVVENTO B
(Is 63,16b-17.19b; 64,2-7; Sl 80/79; 1Cor 1,3-9; Mc 12,33-37)
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate! (Mc 13,37)
Gesù lasciò il cortile del Tempio, salì sul Monte degli Ulivi e da lassù vide la Città Santa con le sue mura e il Tempio (Mc 13,1.3).
I discepoli rimasero incantati dalla bellezza di Gerusalemme, ma i loro occhi si fermavano sulla superficie delle cose.
Gesù, invece, vedeva oltre e invitò i discepoli a guardare la storia con il suo stesso sguardo.
Con lui c’erano Pietro e Giacomo, Giovanni e Andrea (Mc 13,3).
I primi chiamati, gli uomini che tre anni prima avevano lasciato le reti, le barche e gli affetti e subito l’avevano seguito (Mc 1,16-20), come se avessero visto in Gesù il compimento del grido del profeta Isaia: Il cielo si era finalmente squarciato e Dio era sceso in mezzo a loro!
In Gesù il tempo si era compiuto e il Regno di Dio si era fatto vicino (Mc 1,14).
Tre anni dopo sembra che in loro non sia rimasto più nulla di questa rivelazione iniziale.
Gesù cercò di mostrare a Pietro e a Giacomo, a Giovanni e ad Andrea ciò che stava oltre quel Tempio e quella Città con le sue mura di cui - disse - non resterà pietra su pietra che non venga distrutta (Mc 13,2).
E cercò (inutilmente) di aiutarli a guardare oltre anche l’insignificante collina fuori delle mura, sulla cima della quale pochi giorni dopo sarebbe stato crocefisso.
Nel suo ultimo discorso ai quattro discepoli che erano seduti accanto a lui sul Monte degli Ulivi, Gesù ripeté con insistenza e con verbi diversi lo stesso imperativo: State in guardia, badate a voi stessi (Mc 13,5.9), fate attenzione, vegliate (Mc 13,33.34.35.37).
I discepoli erano curiosi di sapere il come e il quando degli eventi annunciati.
Ma per il credente il come e il quando non sono importanti.
Ciò che conta è la certezza che un giorno il Signore squarcerà i cieli e scenderà, un giorno il Signore tornerà.
Il dovere del discepolo non è conoscere ma mantenere uno spirito vigilante, ed essere un segno di speranza in un mondo disperato, dove guerre e violenze lacerano la carne e lo spirito, dove terremoti e pestilenze feriscono la terra e gli animi (Mc 13,7-8).
L’ultima parola dell’ultimo discorso di Gesù non è: Amate, o abbiate fede o pregate, ma vegliate! Come se tutto il suo evangelo si riassumesse in questo imperativo.
Gesù non voleva creare un gruppo di iniziati, ma un popolo di vigilanti.
Qualche secolo dopo, nel deserto egiziano, alcuni discepoli si recarono da abba Poimen e gli chiesero una parola per la loro edificazione. L’anziano rispose: La distrazione è il principio dei mali. Il vigilare, il fare attenzione a se stessi e il discernimento, queste tre virtù sono guide dell’anima. Non abbiamo bisogno di nient’altro che di uno spirito vigilante (Detti dei padri, Serie alfabetica, Poimen 35.43.135).
A proposito di vigilanza, qualche giorno dopo, su quello stesso monte, tre di quei quattro discepoli che erano curiosi di sapere il come e il quando degli eventi annunciati da Gesù (Mc 13,4), si addormentarono invece di vegliare con lui (Mc 14,32-41).
Tre volte Gesù aveva ripetuto loro di vegliare e tre volte Gesù li trovò che dormivano.
Il segno del compimento era là accanto a loro e non si accorsero di nulla.
Anzi, tutti lo abbandonarono e fuggirono (Mc 14,50).
Il Figlio dell’uomo che un giorno verrà sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria (Mc 13,26) è lo stesso che, nel Getzemani provò paura e angoscia al pensiero di affrontare la via del Calvario (Mc 14,33).
Il Giudice della storia è lo stesso che fu giudicato da un tribunale umano e condannato a morte (Mc 15,15).
Solo chi mantiene uno spirito vigilante riesce a vedere la vittoria di Dio nella sconfitta del Figlio, e a scorgere nel cuore della notte la luce che annuncia il nuovo giorno.
Trent’anni prima l’angelo Gabriele era entrato nella casa modesta di una sconosciuta ragazza di uno sconosciuto villaggio della Galilea e le aveva annunciato che sarebbe diventata la madre del Signore. La donna, che aveva uno spirito vigilante, ascoltò le parole dell’angelo e credette (Lc 1,26-38; Gv 20,8).
Il grido di Isaia, il principe dei profeti, era stato esaudito.
Dio aveva squarciato i cieli ed era disceso nel grembo della vergine (Is 7,14).
Chi veglia sa riconoscere la Parola dell’Altissimo nella voce di un angelo che annuncia l’impossibile.
Chi veglia riconosce il Figlio di Dio nel volto di un bambino che viene al mondo come tutti i bambini di questo mondo (Mt 2,11; Lc 2,16).
Solo chi veglia ha lo sguardo così puro da riuscire a scorgere la Gloria di Dio nel buio di un uomo che muore in croce come un malfattore.
Solo chi ha uno spirito vigilante può scorgere in questo paradosso la salvezza.
Maria ha creduto nell’adempimento di queste parole (Lc 1,45) e ha continuato a vegliare anche, soprattutto, quando non comprendeva. Allora, invece di chiedere chiarimenti e spiegazioni, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore (Lc 2,19).
Come il Discepolo Amato, Maria comprese il Mistero del Figlio, stando sotto la croce (Gv 19.25).
Comprese ciò che era accaduto trent’anni prima in una grotta di Betlemme e ciò che sarebbe accaduto tre giorni dopo, quando qualcuno le avrebbe portato la notizia che la grotta dove era stato deposto il Figlio era aperta e vuota.
Il Signore aveva squarciato i cieli ed era sceso!
Sul Golgota Maria chiuse gli occhi e comprese, come insegna Gregorio di Nissa, che il vero vedere Dio si trova nel non vedere Dio, e che la vera conoscenza è nell’ignoranza, perché ciò che cerchiamo supera ogni conoscenza (Gregorio di Nissa, Vita di Mosè).
Il pericolo costante esige una vigilanza costante, una guida costante. Ciò che occorre è una discesa in profondità, nella profondità di ciascuna persona. Ma la tragedia della nostra società sta nella liquidazione dell’uomo interiore.
(Abraham J. Heshel, Il canto della libertà)