NEL PRIMO VERSETTO DEL SUO VANGELO
10 dicembre 2023, II AVVENTO B
(Is 40,1-5.9-11; Sl 85/84; 2Pt 3,8-14; Mc 1,1-8)
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio (Mc 1,1)
Nel primo versetto del suo evangelo Marco rivela la verità sul mistero di Gesù di Nazareth.
Egli è il Cristo, il Messia atteso da Israele, ed è il Figlio di Dio.
Ma la conoscenza di Gesù, Cristo, Figlio di Dio non è uno sterile processo intellettuale.
È un cammino, spesso lungo e complicato, pieno di contraddizioni e paradossi, è una via da percorrere, un sentiero da esplorare.
I primi che, pubblicamente, nella sinagoga di Cafarnao, rivelarono l’identità di Gesù e la sua provenienza furono i demoni.
Io so chi tu sei: il Santo di Dio!
Una perfetta, ortodossa e diabolica professione di fede di uno spirito impuro che con il santo di Dio venuto a rovinarli, non voleva averci niente a che fare (Mc 1,23-25).
A metà dell’evangelo e nel punto geograficamente più lontano da Gerusalemme, a Cesarea di Filippo, Simon Pietro fu il primo discepolo che affermò la sua fede in Gesù.
Tu sei il Cristo! – gli disse.
Subito dopo, però, come lo spirito impuro di Cafarnao, pensò diabolicamente di sviare Gesù dal suo cammino di sofferenza per proporgliene uno glorioso (Mc 8,29-33).
Per tutta risposta Gesù lo chiamò satana e, come satana, alla fine, Simon Pietro si comportò la sera drammatica dell’arresto di Gesù.
Davanti a una delle giovani serve e ai presenti giurò e spergiurò che lui, con Gesù, non aveva niente a che vedere (Mc 15,66-71).
Alla fine dell’evangelo, mentre il velo del tempio si squarciava in due, da cima a fondo (Mc 15,38), il più improbabile dei testimoni fu il primo che con una fede limpida e sincera rivelò ciò che Marco aveva scritto nel primo versetto del suo evangelo.
Il centurione che stava sotto la croce, aveva di fronte un uomo nudo e straziato dal dolore, crocefisso tra due delinquenti comuni.
Eppure, avendolo visto spirare in quel modo, lui che di Gesù (probabilmente) non sapeva nulla, non ebbe alcun dubbio: Davvero quest’uomo era Figlio di Dio! (Mc 15,39).
Marco, dunque, intende raccontare la storia di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Storia che è un evangelo, una buona notizia.
Giovanni è il primo personaggio che compare in questa storia e il deserto è la sua casa.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme e Giovanni gridava ciò che Isaia, il principe dei profeti, aveva scritto cinque secoli prima: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri.
Il deserto è il luogo della prova e dell’alleanza.
Come Dio aveva accompagnato Israele dall’Egitto alla Terra Promessa, e da Babilonia a Gerusalemme, attraversando deserti, così Gesù, Cristo, il Figlio di Dio porterà il suo evangelo, la sua buona notizia dentro i deserti dei figli dell’uomo.
Gesù non è venuto per condannare il mondo, ma per salvarlo (Gv 3,17), come dice il suo nome.
Egli è venuto a rovinare l’opera del principe di questo mondo che divide il cuore degli uomini rendendoli schiavi e per farsi vicino a chi, come dice il salmo, ha i cuori spezzati (Sl 34,19).
Con la sua presenza ricompone esistenze, fa tornare in vita figli che erano morti (Mc 5,41-42), guarisce ammalati (6,56).
Anche Gesù iniziò, dal deserto, da Giovanni e, pur essendo più forte di lui, si mise in fila con tutti gli altri, dietro a lui, come un discepolo.
Poi però invertì il senso di marcia e dal deserto andò nei luoghi abitati, attraversò tutti i villaggi della Galilea, della Samaria e della Giudea, fino a Gerusalemme, per annunciare che il tempo era compiuto e il regno di Dio si era fatto vicino (Mc 1,15).
Anche se l’evangelo di Marco inizia dal deserto, dove Giovanni battezzava, la buona notizia del regno che s’è fatto vicino era cominciata trent’anni prima in uno sconosciuto villaggio della Galilea (di Nazareth non parlano né le Scritture né i testi della tradizione), nella casa di una sconosciuta ragazza di quel villaggio.
L’angelo si chiamava Gabriele e le annunciò che sarebbe diventata la madre del Figlio dell’Altissimo.
La ragazza si chiamava Maria (Lc 1,26-38).
Il padre, se così si può dire, si chiamava Giuseppe.
Egli era un uomo giusto e, senza sollevare obiezioni, accolse in casa un Mistero più grande di lui (Mt 1,18-25).
Fu una donna quindi, una giovane donna che con la sua fede, per prima preparò la strada al Figlio di Dio.
Lei raddrizzò i sentieri in modo che la salvezza potesse fare il suo ingresso nella storia.
Lei accolse il paradosso del Figlio di Dio che si fa figlio dell’uomo.
L’evangelo di Gesù, l’evangelo-che-è-Gesù, è da cercare sempre fuori dalle logiche sensate di questo mondo, lontano dalle rotte tracciate da chi ha la pretesa di sapere tutto.
Inizio dell’evangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.
Quello di Marco è il più breve dei quattro evangeli.
Ma la buona notizia, l’evangelo, è ancora più breve.
È un nome composto di poche lettere.
In quel nome c’è tutto.
Gesù, Dio è salvezza.
Leggere un evangelo è un atto d’amore.
Non si legge per saperne di più, ma per mettersi in cammino lungo strade che spesso non sono così diritte come quelle annunciate da Isaia e da Giovanni, percorrendo sentieri che rimangono tortuosi, seguendo il Re che vince nella sconfitta, che si riduce in schiavitù per liberarci, che muore per vivere e farci rivivere, che non si lascia trattenere (Gv 20,17) per continuare tenerci per mano e per rimanere con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20).
Interpretare è intraprendere il cammino di pensiero indicato dal testo, metterci in marcia verso l’oriente del testo.
(Paul Ricoeur)