QUATTRO CAPITOLI RACCONTANO
21 gennaio 2024, III PER ANNUM B
(Gio 3,1-5.10; Sl 25/24; 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20)
Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore (Gio 3,1)
Quattro capitoli raccontano la storia del profeta Giona.
Quattro versetti bastano all’evangelista Marco per raccontare la vocazione dei primi quattro discepoli.
Le storie bibliche non parlano di angeli (anche se non ne escludono la presenza e l’influenza), ma di uomini e donne che lottano con Dio.
Giona con la sua incredibile avventura di terra e di mare ne è l’esempio più clamoroso.
Fu rivolta a Giona, figlio di Amittai questa parola del Signore: Alzati…
Così comincia il piccolo libro del piccolo profeta.
Con la parola del Signore che entra nella sua vita.
Di lui non si dice nulla, a parte la paternità.
Quale sia il suo lavoro e la sua città, se avesse una famiglia, dei figli o vivesse solo.
Non si dice nemmeno che sia un profeta o che volesse esserlo.
La parola del Signore entrò nella sua esistenza e ne deviò il corso.
Giona non protestò, non chiese spiegazioni, non disse al Signore di andarsi a prendere qualcun altro migliore di lui.
Semplicemente si mise in cammino (Gio 1,3).
Ma non nella direzione indicatagli da Dio.
Sarebbe bello ed edificante se potessimo leggere anche il nome di Giona nel lungo elenco di uomini che camminarono nella fede com’è riportato nella Lettera agli Ebrei.
Per fede Noè, avvertito divinamente di cose che ancora non si vedevano, costruì con pio timore un’arca a salvezza della sua famiglia.
Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava… (Eb 11,7-8).
Giona, a differenza di Noè, non costruì una barca per obbedire la comando del Signore, ma s’imbarcò per disobbedirgli.
E, a differenza di Abramo, Giona sapeva benissimo dove andare, ma voltò le spalle al Signore e all’oriente e si diresse verso occidente.
Giona non è un uomo spaventato, ma un uomo disorientato.
Fuggiva lontano dal Signore (Gio 1,3) perché sapeva come sarebbe andata a finire, e lui con un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore (Sl 103,8) disposto a ricredersi e a pentirsi non voleva averci niente a che fare.
Giona, a differenza del Signore, è un uomo tutto d’un pezzo.
Come gli idoli di legno, di pietra e di metallo.
Eppure il Signore scelse proprio lui, il meno indicato degli uomini che aveva a disposizione.
Come Gesù scelse Pietro, e suo fratello Andrea, Giacomo e suo fratello Giovanni per annunciare che il tempo era compiuto e il regno di Dio si era fatto vicinissimo e invitare alla conversione e a credere nell’Evangelo.
A differenza di Giona, i primi quattro discepoli accolsero subito e con entusiasmo la chiamata di Gesù.
Non gli voltarono le spalle e, come discepoli, andarono dietro a lui.
Ma la loro storia e quella degli altri che in seguito si unirono al gruppo ci ricorda che non furono così diversi da quel tragico buffone di Giona.
Al loro subito iniziale corrisponde un altro subito finale.
Come all’inizio Giona aveva voltato le spalle all’oriente per dirigersi verso occidente, lontano dal Signore, così, alla fine, tutti i discepoli voltarono le spalle a Gesù e fuggirono lontano da lui quando fu arrestato (Mc 14,50).
Poteva immaginare il Signore che sarebbe finita così?
Se lo sapeva perché non ha scelto uomini più coraggiosi e devoti?
Perché il Signore, da sempre, preferisce servirsi di uomini e donne fragili e dubbiosi, pieni di buoni propositi e di sacrosanti principi e altrettanto vuoti di coraggio e di umiltà.
Dio ha messo il tesoro del regno che si è fatto vicino in vasi di creta, perché appaia che questa straordinaria potenza viene da Dio e non da noi (2Cor 4,7).
La Scrittura non racconta storie di eroi, ma di esseri umani e non fa nulla per nascondere le loro miserie.
Giona, solo e imbronciato guardò dall’alto la città di Ninive che al suo passaggio si è completamente convertita (caso unico nella storia dell’umanità).
Sapeva fin dal principio che sarebbe andata a finire così.
Ma, forse, proprio per questo il Signore aveva scelto proprio lui.
Prima ancora di convertire Ninive, era Giona che aveva bisogno di convertirsi e di credere all’evangelo di un Dio disposto e ricredersi pur di salvare le sue creature.
Per questo il Signore gli diede una seconda possibilità.
Il piccolo libro del piccolo profeta termina con un punto interrogativo, un piccolo segno d’interpunzione che tiene aperta la porta alla speranza.
Per quanto riguarda Simon Pietro, il primo dei chiamati, l’evangelo di Marco termina con le sue lacrime.
Nel cortile della casa del Sommo Sacerdote, una delle giovani serve lo riconobbe come uno di quelli che era con il Nazareno.
Ma Pietro, imprecando, per tre volte giurò e spergiurò di non conoscere Gesù, ma quando il gallo cantò, ricordò le parole del Signore e scoppiò in pianto (Mc 14,66-72).
Un punto interrogativo e le lacrime di Pietro confermano ciò che scriverà Isacco di Ninive qualche secolo dopo: Non chiamare Dio giusto, perché in ciò che Egli fa con noi non appare la sua giustizia.
Dio non è da temersi per la sua potenza, ma per la sua infinita misericordia (Isacco di Ninive, Discorsi ascetici, Discorso 41).
C’è una gioia che fuoriesce da te quando comprendi che tutto ti è stato dato. E perché ti è stato dato? Perché Dio è oltremodo buono. È ultrabuono. Per cui dici: Cosa sta succedendo ora? Io non lo meritavo, io dovevo essere punito. E allora capisci le parole di Isacco che dichiara: Dio non è giusto, è ingiusto. Perché? Ma se fosse stato giusto ci avrebbe bruciati completamente tutti
(Basilio di Iviron)