MENTRE GESÙ ERA A GERUSALEMME
10 marzo 2024, IV QUARESIMA B
(2Cr 36,14-16.19-23; Sl 137/136; Ef 2,4-10; Gv 3,14-21)
… bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo
perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna (Gv 3,14-15)
Mentre Gesù era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti (…) e conosceva quello che c’è nell’uomo (Gv 2,23-25).
Forse Nicodemo era uno di quelli che Gesù conosceva e di cui non si fidava, ma non per questo l’ha lasciato andare.
Non lo portò fuori strada con un dialogo oscuro e travagliato ma lo indirizzò sulla strada giusta.
Per Nicodemo quel dialogo notturno a Gerusalemme fu come un parto.
Un parto lungo e travagliato di tre anni.
Di notte, Giuda, uno dei Dodici, voltò le spalle a Gesù e se ne andò (Gv 13,30).
Di notte Nicodemo, che non era uno dei Dodici, andò incontro a Gesù (Gv 3,2).
La notte nel quarto evangelo non è un’indicazione cronologica ma teologica.
È la condizione umana che il Verbo è venuto a illuminare perché in Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta (Gv 1,4-5).
Rabbì, sappiamo… (Gv 3,2).
Così Nicodemo si presentò a Gesù quella notte.
Come un uomo che sa e fa parte di un gruppo che sa.
Nicodemo con tutta la sua scienza non aveva ancora compreso che non si entra nel Regno di Dio né per via di conquista né in forza del genio, anche se religioso.
Ci si entra come si entra nella vita: attraverso la grazia dell’amore, come un neonato (Donatien Mollat).
Per aiutare il vecchio Nicodemo a rinascere (Gv 3,3) Gesù instillò in lui la sapienza del dubbio.
L’uomo che all’inizio si era presentato con un’affermazione categorica – Sappiamo! –, alla fine si congedò da Gesù con una domanda: Come può accadere questo?
Sono le sue ultime parole di quella notte.
Parole benedette che lasciano aperta la porta alla ricerca, che fanno muovere i primi passi di un cammino verso territori misteriosi come il deserto dove un popolo di schiavi ritrova la libertà.
Gesù invitò il vecchio Nicodemo a rinascere per tornare a essere il bambino che non sa e chiede.
Se Nicodemo vuole diventare un vero maestro dovrà rinascere come discepolo dell’Unico Maestro e seguirlo dovunque andrà.
Come Mosè innalzò il serpente nel deserto così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Nell’evangelo di Giovanni Nicodemo è l’unico personaggio che non fa parte del gruppo dei Dodici che esce e rientra in scena più volte.
Di altri, come la Samaritana (Gv 4,1-42) e il funzionario del re (Gv 4,46-54), del paralitico alla piscina d Betzatà (Gv 5,1-9) e della donna adultera (Gv 8,1-11), dell’uomo cieco dalla nascita (Gv 9,1-40) e di Lazzaro (Gv 11,1-3), che pure era amico di Gesù, non sappiamo che fine abbiano fatto, se siano rimasti o se ne siano andati perché il linguaggio di Gesù era troppo duro, difficile da comprendere (Gv 6,61-66).
Nicodemo invece rientra in scena a metà del racconto di Giovanni, quando nel Sinedrio prese le difese di Gesù appellandosi alla Legge che non condanna nessuno prima di averlo ascoltato. In quell’occasione non ebbe il coraggio di esporsi in prima persona, si nascose dietro il paravento della Legge, ma fu immediatamente zittito (Gv 7,50-52).
Probabilmente, era uno dei capi che credevano in Gesù ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano per non essere espulsi dalla sinagoga (Gv 12,42-43).
La fede di questo Maestro di Israele che crede di sapere è incerta.
Nicodemo non riesce ancora a decidersi per Gesù, ma è un uomo in ricerca.
La sua anima, come dice il salmo, ha sete di Dio del Dio vivente, desidera vedere il Suo volto (Sl 42,3).
Per questo desiderio (ancora inconsapevole) il seme che Gesù aveva gettato nel cuore di Nicodemo la notte del loro primo incontro aveva trovato un po’ di terreno buono e lentamente iniziò a germogliare per portare frutto due anni dopo (Mc 4,20).
La prima volta Nicodemo era andato da Gesù nei giorni della festa di Pasqua.
La prima pasqua di Gesù.
Due anni dopo in occasione della terza Pasqua di Gesù, il vecchio Nicodemo, salì verso il Golgota e per la terza volte entrò in scena.
Era la vigilia della festa e il sole stava per tramontare, ma per Nicodemo quella sera fu l’inizio di un giorno nuovo.
Non era più uno dei capi dei Giudei, e neppure un uomo che si mascherava dietro il velo della Legge, ma il bambino che, con una santa incoscienza si lancia nell’avventura della vita, quella eterna.
Quando alzò lo sguardo a colui che era stato innalzato e trafitto, vide finalmente il volto di Dio, del Dio vivente (Gv 12,32; 19,37).
Quando strinse tra le braccia il corpo senza vita di Gesù per deporlo dalla croce ebbe la certezza che non era morto, che stava solo dormendo (Mc 5,39).
Gli restavano molte domande mentre con Giuseppe di Arimatea ungeva il corpo piagato del Signore con una mistura di mirra e di aloe e lo avvolgeva con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura (Gv 19,38-42).
Ma i dubbi non sono un ostacolo alla fede, ne sono l’altra faccia.
Mentre chiudeva il sepolcro, una breccia si aprì nel cuore di Nicodemo.
Il buio di quella notte scesa su Gerusalemme si trasformò nell’alba di un giorno nuovo.
Ora sapeva, anche se non avrebbe trovato le parole per dirlo, lui che pure era un maestro in Israele, che un uomo può nascere quando è vecchio.
La vita del credente non consiste di improvvisi arrivi, bensì di progressi costanti. È un viaggio continuo. Due sono i pericoli: Credere di essere arrivati e scoraggiarsi. Ciascun viaggio è una forma di liberazione da un Egitto personale. La direzione in cui ci si muove conta più della distanza coperta.
(Rabbi Menachem Mendel Schneerson, Rebbe di Lubavitch)